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Augusta Rapetti Bassi
musica e cultura a Trieste nel primo Novecento
Il 9 novembre del 2002 si inaugurava a Trieste nelle sale espositive della Biblioteca Statale di Palazzo Morpurgo la mostra “Augusta Rapetti Bassi: musica e cultura a Trieste nel primo Novecento”.
A vent’anni di distanza riproponiamo la presentazione dell’epoca a cura di Tito Del Bianco.
La mostra si propone di illustrare il percorso artistico e umano di Augusta Rapetti Bassi, bolognese ma triestina d'adozione, direttrice d'orchestra, compositrice, pianista, cantante lirica e grande Maestra di Canto, dagli studi al Liceo musicale di Bologna, dove si diplomò in pianoforte nel 1904 e in composizione nel 1907 e dove nel 1905 fu la prima donna a dirigere l'orchestra del Conservatorio stesso, agli esordi come compositrice e come pianista, alla carriera di cantante d'opera, e più tardi all'attività di insegnamento del Canto a Trieste, prima al conservatorio 'G. Tartini' e poi nella sua personale Accademia, allestita nella sua casa di via Galileo Galilei n. 3
L'esposizione comprende la documentazione originale, le recensioni dei giornali dell'epoca, le partiture originali manoscritte delle sue composizioni, locandine, programmi, fotografie e materiale di studio.
La mostra 'Augusta Rapetti Bassi: musica e cultura a Trieste nel primo Novecento' è stata allestita con uno scopo ben preciso: far conoscere alla città un personaggio che è stato protagonista della vita musicale triestina nei primi decenni del Novecento, ma che ciononostante è stato completamente dimenticato.
Di Augusta Rapetti Bassi non si trova nulla nei libri o nelle enciclopedie di storia della musica, e non si trova nulla nemmeno nei testi, pubblicati a Trieste, che trattano della storia musicale della città, un'assenza che si pone in evidente e stridente contrasto con quanto scrivevano i critici musicali nelle recensioni dei giornali dell'epoca, che celebravano la Rapetti Bassi quale grandissima interprete ed esponente di una eccellente scuola di canto.
Augusta Rapetti Bassi non è stata solo compositrice e grande interprete, ma ha rappresen tato a Trieste anche la più alta scuola di canto del Novecento, che aveva le sue radici nella grande tradizione della scuola bolognese dei Giraud e dei Borgatti, e che derivava a sua volta dalla famosa scuola di Alessandro Busi. Essa era stata specialista in quell'epoca nell'ambito dell'opera wagneriana e del repertorio liederistico tedesco, e anche nell'ambito della musica allora contemporanea russa e francese che a quell'epoca era eseguita pochissimo.
La sua opera ed il suo lavoro sembrano essere stati spazzati dall'oblio. Trieste, bella città, innamorata del suo mare e della sua abside carsica che la delimita, è pur luogo di prove cocenti e di ingloriose conclusioni esistenziali. Trieste era stata per Augusta Rapetti Bassi una città d'adozione e - per certi versi - anche d'esilio. In questa città, ìn cui nulla rimane per troppo tempo nella mente e nel cuore di coloro che la abitano, l'evento manifesto di un tale destino ciclico è il soffio freddo ed aggressivo della bora, quella forza che dall'est riappare e che, seppur per brevi periodi, sconvolge la città. La bora segna una caducità senza recupero per gli eventi che scorrono veloci e sembra quasi, senza lasciar traccia.
Augusta Rapetti Bassi, nella via dell'esilio dalla sua nativa Bologna, cercò probabilmente la possibilità di sfuggire alle assurde pretese che di solito l'ambiente teatrale rivolge anche e soprattutto alle fanciulle di talento per condizionarle all'obbedienza priva del rispetto di sè. Per distanziarsi dalle sozzure che la sua sensibilità d'artista ebbe a soffrire in patria, cercò nell'appendice italica dell'allora impero asburgico un'alternativa onorevole per continuare ad essere un'artista professionista . Il suo magistero era austero e non incline ai compromessi, esigente ed elevato, e la sua sensibilità artistica, ornata dall'onestà, dalla rettitudine e dalla sapienza non trovava confronti.
Siamo rimasti in pochi a ricordarla: alcuni ex-allievi, tra cui chi scrive queste righe. E' stato il ricordo e la memoria (oltre che la gratitudine) a spingerci ad una celebrazione di questo genere. Abbiamo voluto seguire il Leitmotiv della memoria, nella ricerca di valori dimenticati e nella ricostruzione di un patrimonio spirituale circondato dal silenzio, e proprio il mese di novembre, che le circostanze ci hanno assegnato, ha trasfuso alla mostra un'atmosfera di ricordanza e di celebrazione, quasi a seguire - nei fenomeni che si contemplano all'incedere delle stagioni - le sublimi istanze delle anime che rivivono, come in "Allerseelen" ('Il giorno dei morti', il Lied di R. Strauss a lei particolarmente caro, che mi aveva insegnato con tanta cura e rigore), nelle ricordanze perdute, archiviate o sommerse da tante vicende quotidiane, come gioielli scordati nel profondo scrigno del nostro cuore.
Nel 1912, a Trieste, cantante lirica nel pieno di una avviata ed affermata carriera, Augusta Rapetti incontra Marcello Bassi, che sposa il 17 aprile 1915, e rimane legata a questa sua città d'adozione, fin dagli anni terribili della prima guerra mondiale, durante la quale il marito fu per lunghi mesi prigioniero in Russia; nella seconda guerra fu il figlio, Lamberto, nato nel 1919, arruolatosi in Marina, a combattere in prima linea e a meritare due Croci al Merito di guerra. Augusta Rapetti Bassi non venne mai meno ai suoi compiti familiari, ma continuò a dedicarsi al lavoro artistico e creativo ed ebbe una qualità che appare solo assai raramente negli esseri umani: univa alle doti artistiche e musicali una grande maturità morale e spirituale, ma gli eventi storici non le diedero soverchio sostegno. La prima guerra mondiale praticamente le impedì dolorosamente - date le circostanze estremamente infelici - di proseguire la professione in questa città che in quell'epoca vantava un teatro secondo solo alla Scala di Milano. Nonostante il suo valore ed il suo talento avessero avuto riconoscimento nell'ambiente artistico-culturale di quell'epoca, gli eventi bellici inaridirono il contorno delle nuove conoscenze e le ristrettezze che la gente di allora dovette subire, definirono in modo molto sbrigativo le sue pur legittime attese di condurre convenientemente la carriera artistica.
Non le rimase che l'alternativa dell'insegnamento, tanto più che da più parti si reclamava la sua competenza. Ma l'insegnamento del canto in una istituzione pubblica, i pesanti condizionamenti e limitazioni di una tale struttura, la indussero ben presto a lasciare il conservatorio e a fondare a Trieste la sua scuola. Non v'era posto per la Maestra, direttrice d'orchestra, compositrice, cantante eccelsa in un conservatorio Tartini di quell'epoca. Nella sua accademia di Canto teatrale ed accademico mantenne diuturna la sua missione di allevatrice di talenti. Essa vi insegnava anche le materie complementari quali pianoforte, teoria, armonia, etc... ed il suo orizzonte creativo si rimpicciolì non poco in questa fetta di storia nell'orizzonte della sua esistenza, ma nella accademia della sua casa Augusta Rapetti Bassi poteva almeno diffondere quella antica e altissima tradizione dell'arte del canto - di cui era grande esponente e - che ormai al giorno d'oggi è sempre più impoverita, e sempre più rara a trovarsi, anche negli stessi suoi luoghi deputati, come i conservatori o gli stessi teatri.
Questa determinazione la porrà all'ammirazione di animi di nobili artisti (Bruno Croatto, Antonio Smareglia, Cesare Barison, Gastone Zuccoli, Eusebio Curelli ed altri), il fior fiore degli intellettuali della sua epoca ma spenti costoro s'era smarrita la semente di degni eguali per considerarla e accompagnarla' in quel lasso di tempo storico. E più tardi le vicissitudini di questa martoriata terra determinarono anno dopo anno una continua distruzione passata tra conflitti che determinarono l'avvento di un mondo , di una nuova civiltà, di una nuova cultura.
Augusta Rapetti Bassi sosteneva che non v'è scuola che non discenda direttamente dal talento insito nell'anima di un'artista che si piega - per amore e al servizio dell'Arte – ad una iniziazione dei talenti delle conseguenti generazioni d'uomini che gli vengono affidate.
Il talento al servizio dei talenti, dunque una scuola d'elite, non a livello nè di sangue, nè di censo, bensì esclusivamente spirituale, per obbedire a quel continuo flusso di Entità superiori che fanno da contrappunto nel novero infinito delle incarnazioni epocali nelle pagine del divenire continuo delle vite.
Sosteneva altresì che non può e non deve essere denominata Scuola d'arte nessuna istituzione pubblica, poichè nel pubblico non esiste che una forma mentis grossolana e prevaricante. Se Madre Natura è selettiva nel dare alle creature un suono ed un linguaggio, una forma, l'uomo non può imitare con la sola tecnica e lo studio, il tocco divino della creazione, insito nell'ereditarietà dei mondi cellulari che racchiudono l'oro alchemico del giudizio del Creatore, ma lo può solo far inaridire. Per questo motivo ella stimava spreco di risorse di tempo, e di giovani esistenze il volere a tutti i costi per puntiglio narcisistico e scarsa perspicacia o intuizione, valorizzare sè stessi attraverso lo studio di un'arte senza avere i mezzi eccelsi elargiti nella propria corporeità. Perciò il suo magistero non era torbido e pretestuoso, ma limpido e puro, come i profili delle montagne nevose sotto la luce del sole nascente. Esistono creature dell'abisso e creature delle altezze, creature dell'aria , della terra dell'acqua, del fuoco. In loro non si contempla nessuna gara per primeggiare o per distruggere l'altro, ma si vede la vita obbedire al ritmo dell'orchestra del cosmo, assecondando i doni attinenti ad ognuna in misura armonica, senza sprechi fuorvianti di follia individualistica. Ecco dunque il talento di un Magistero ossequiente alla responsabilità e alla sobrietà, in mezzo ai suoi contemporanei per lo più ignari.
Il suo insegnamento curava la musica come alta cultura, mentre oggigiorno si dà rilievo alla musica solamente come spettacolo e manca l'inserimento organico della musica nella formazione generale, culturale e umana, dell'individuo. Augusta Rapetti Bassi abituava i suoi allievi a riflettere sulla musica e ad approfondire i fenomeni musicali. Il suo insegnamento era coltissimo ed elevato, sempre più raro a trovarsi oggi e ad essere recepito, in un mondo musicale in cui fenomeni di bassissimo profilo come le esibizioni tenorili nelle arene costituiscono gli unici poli di aggregazione capaci di competere con i grandi concerti rock e pop.
E' gravoso e imbarazzante trovarsi nei panni di un erede di tanto magistero, e il dover riproporlo in quest'epoca, in circostanze così diverse e mutate, in una globalizzazione sfrenata e per tanti versi fuorviante e dissacrante, che concede e consente la dissacrazione della voce umana nel suo impiego musicale. Ma è pur vero che il tangibile, il visibile rappresenta solamente la punta di una montagna sommersa. Altre forze concorrono a sostenere l'anima del fedele allievo che - lungi dall'essere intimorito dallle forme negative dell' "impermanenza", non cede all'impatto scurrile dei tempi e dei fenomeni, poichè gli è stato imposto nel cuore per magistero d'arte l'impatto emozionale della solitudine e la convinzione di dover sottostare ad una delle tante prove che decretano la vittoria dello spirito sul fugace momento di una breve esistenza incarnata.
Il suo grande amore per il Lied, per Wagner, Cornelius, Richard Strauss, etc... trovò purtroppo a Trieste grosse barriere di preconcetti sul senso poetico delle scelte dei suoi programmi. Benchè Trieste avesse grandi risorse di maestri ed esecutori e la più parte provenisse da una cultura asburgico-tedesca, nell'ultima fase del Regno d'Italia si impose, certo lodevolmente, la contemporanea musica italiana. Ma questa affermazione fu di natura esclusivista. L'irredentismo, se da un lato serviva la causa nazionale, decretava però in musica l'ostracismo per gli autori d'oltralpe. Augusta Rapetti Bassi aveva una voce educatissima - come si ravvisa nelle recensioni dell'epoca - sorretta da una dizione ineccepibile e corredata da una gesto scenico aristocratico ed ispirato, possedeva quindi un livello decisamente più adatto all'ambiente teafrale d'oltralpe, e del resto Bologna era stata la prima città in Italia a recepire e a rappresentare Wagner, considerato in quell'epoca da altre orchestre troppo difficile e troppo arduo per le voci.
Augusta Rapetti Bassi esigeva uno studio spietato e preciso della dizione, della declamazione e dell'intonazione, si ispirava alla Duse e ad Ermete Zacconi, era in sintonia perfetta coi valori musicali della voce e sapeva condurre l'allievo ad interpretare nello stile proprio del compositore. Ebbi l'occasione di conoscerla e di apprezzarla attraverso l'indicazione preziosa del M.o Publio Carniel, compositore triestino e direttore di coro e arrivai da lei con la sua raccomandazione. Mi presentai cantando la parte del baritono del duetto dell'Emani "Suoni la tromba intrepido". Lei mi guardò e mi disse "Bene, penso che Lei sia un tenore", accettandomi con queste parole tra gli allievi della sua accademia. Non tollerava esibizioni fuori dall'ambiente scolastico (chiamava "cantanti da osteria" quelli che si esibivano all'esterno durante gli anni di studio), e mi ingiunse, sotto giuramento, di non far mai sentire la mia voce fuori dall'ambito della scuola, fino a quando non fossi stato pronto.
Il suo insegnamento a Trieste si protrasse dal 1915 fino alla morte, nel 1970. Tutti coloro che volevano preparare con lei gli spartiti, sia coristi, sia comprimari, sia cantanti d'opera, richiedevano il suo giudizio e la sua collaborazione, anche se oggi la scarsa memoria degli storici sembra sottolineare solo la sua estraneità e la sua invisibilità nel contesto cittadino. Particolarmente commovente è l'aver potuto rivedere in questi giorni la scritturazione musicale sui suoi manoscritti, che portano ancora i segni vividi di una sicura descrizione interpretativa delle istanze supreme che affiorano e irrompono dal Sè superiore.
Ogni foglio lo riconoscevo: tanto tempo fa lo ricordo accanto al volto della mia insegnante che inaspettatamente mi volle far vedere i suoi manoscritti compositivi. Proprio in quella circostanza dal mio cuore eruppe con entusiasmo una dichiarazione: avrei cercato in ogni modo di farli conoscere ed eseguire, qualora avessi potuto. Quella fu una esternazione commossa e istintiva, come un grido d'amore, un'esclamazione di gioia, l'esternazione subitanea di un bimbo di fronte ad una bella rappresentazione. Poi non rividi mai più quei fogli posti sul tavolo, la Maestra li relegava negli scaffali più bassi della sua biblioteca musicale, zeppa di spartiti e di liriche.
L'averli rivisti ora, catalogati ed ordinati nelle venti bacheche della mostra, mi fa sperare che a quasi cento anni di distanza dalla loro prima ed unica esecuzione in pubblico, potrebbe verificarsi il miracolo di una rivisitazione, di un riascolto di quelle musiche dimenticate, e questa intima impressione affiora nel mio cuore come una risposta di gratitudine al mio pur semplice intento di esporli alla luce del sole, sotto lo sguardo dei contemporanei presenti.
Una inattesa situazione venutasi a creare nei primi giorni dell'esposizione mi ha posto inaspettatamente a contatto con un'altro allievo dell'Accademia che non conoscevo personalmente, un'artista dalla voce baritonale, che ebbe una lunga carriera in vari teatri e che mi fece ascoltare, da una voce inattesa ed insospettata, le lodi alla scuola e all'insegnamento della Maestra Augusta Rapetti Bassi.
Se avessi voluto concatenare eventi, luoghi e propositi, certo non sarei stato capace di condurre una così preclara mostra sulla Scuola di Augusta Rapetti Bassi e sulla Trieste del primo Novecento, ma mi affretto a dichiarare che mi sono lasciato condurre da un'onda di pensiero in una serie di concomitanze, coincidenze, incontri, completamente inattesi e inaspettati, da quella dimensione che ci avvolge e ci accompagna - anche se noi non lo sappiamo - per tutta la strada della nostra esistenza.
La mostra ripercorre gli eventi della vita e del lavoro di Augusta Rapetti Bassi, ma delinea anche un quadro - seppur per forza di cose sintetico - dell'ambiente musicale e teatrale triestino nei primi decenni del secolo, tracciando un profilo delle personalità e delle tendenze del mondo culturale dell'epoca, in particolare di quei musicisti che a Trieste collaborarono più da vicino con la Rapetti Bassi, tra cui ci sono Antonio Smareglia, Antonio Illersberg, Eusebio Curelli, il pittore-compositore Bruno Croatto, Gastone Zuccoli, Cesare Barison, Michele Eulambio, Eugenio Visnoviz, Bruno Mailer, Arturo Pellis, Manlio Dudovich ed Alessandro Costantinides.
Negli anni '20, a Trieste, Augusta Rapetti Bassi contribuì infatti alla rinascita della vita musicale e culturale della città, eseguendo in numerosi concerti repertori nuovi per Trieste - tra cui composizioni di Alberto Randegger jr., Riccardo Pick-Mangiagalli, Ermanno Wolff-Ferrari, Bruno Croatto e Riccardo Zandonai.
Ferruccio Busoni, che era sempre stato molto legato a Trieste, perchè sua madre, la pianista Anna Weiss, era triestina, scriveva in una lettera alla moglie nel 1906 che a quel tempo la città gli sembrava ''angusta, spiritualmente pigra e decaduta, non più paragonabile alla Trieste dell'era napoleonica':
All'inizio del Novecento Trieste era indubbiamente una realtà provinciale, però aveva una buona tradizione musicale ed alcune istituzioni ben consolidate. Esistevano numerosi teatri, non solo il Verdi ed il Politeama Rossetti, ma anche teatri cosidetti minori come L'Armonia o il Filodrammatico, che ospitava soprattutto operette (Franz Lehar vi aveva diretto personalmente nel 1907 la prima rappresentazione triestina della ''Vedova Allegra"), l'Anfiteatro Fenice, aperto nel 1879 al posto del vecchio Teatro Mauroner distrutto da un incendio, e che allestiva opere liriche di notevole livello artistico, e poi la stagione lirica estiva all'aperto, in special modo negli anni Trenta, in Piazza dell'Unità d'Italia e al Castello di San Giusto, ma anche in teatri all'aperto come il Minerva.
Oltre ai numerosi teatri, esistevano molti sodalizi artistico-musicali e scuole di musica private, alcune di grande prestigio che derivavano dalla tradizione di eminenti Maestri dell'Ottocento tra i quali Edoardo Bix e Carl Ferdinand Lickl per il pianoforte, Alessandro Scaramelli, e più tardi, Julius Heller e Arturo Vram per il violino, Giuseppe Farinelli e Giuseppe Sinico per il Canto e Vincenzo Sassoli per la composizione.
Tra questi maestri ce ne furono alcuni la cui importanza è grande a livello nazionale. Il pianista Edoardo Bix, per esempio, di origine ungherese, ebbe la considerazione di Wagner e Liszt e fu grande studioso e primo divulgatore in Italia della musica di J.S. Bach quale ideatore dell'Antologia in 4 volumi pubblicata da Ricordi nel 1872 "Scelta sistematica e progressiva delle composizioni per pianoforte di J. S. Bach".
Importante fu anche il violinista Arturo Vram tra i cui allievi ci furono Cesare Barison e altri violinisti celebri, ma anche molti scrittori triestini, tra cui Italo Svevo, assieme alla figlia Letizia, che suonava il violino da dilettante, e altri letterati quali Benco, Saba, Stuparich, che ebbero grande predilezione per questo strumento. Come scriveva Vito Levi nella sua storia musicale di Trieste "Il violino era ancora lo strumento solista prediletto dalla folla. Gli studenti violinisti si contavano a migliaia in città (...) e quasi tutti gli scrittori triestini hanno guardato al violino come a un miraggio derivandone in qualche modo un incentivo per la propria arte: Svevo, Benco, Saba, Carlo Stuparich, Brosenbach,fino a Renzo Rosso (...)':
Italo Svevo suonava da secondo violino in un quartetto con Silvio Hoeberth, Lionello Levi e Oscar Danese e nel suo romanzo La Coscienza di Zeno ci sono continui riferimenti al violino e anche al canto , attraverso le allusioni al Metodo del Garcia. Carlo Stuparich studiò il violino con Augusto Jancovich e fu un abile suonatore, Alberto de Brosenbach studiò il violino con Barison e a questo strumento sono ispirati alcuni dei suoi scritti sia poetici sia in prosa e molti artisti triestini pittori e scultori erano tutti musicofili: Carlo Wostry suonava chitarra e pianoforte, Giuseppe Barison studiava chitarra e violoncello e Bruno Croatto componeva e suonava l'armonium.
Nel campo del canto si ricorda Francesco Riccardo Sinico, erede di una dinastia di compositori e didatti. Nel corso di quasi un secolo i Sinico, nonno, figlio e nipote, educarono al canto generazioni di triestini. Francesco ebbe tra i suoi allievi anche James Joyce che studiava da tenore e avrebbe desiderato intraprendere la carriera di cantante, e che inserì il cognome dei Sinico nel racconto "Un caso doloroso" in "Gente di Dublino".
Trieste all'epoca era culturalmente molto legata all'Ottocento, per il gusto conservatore, per la tradizione del dilettantismo delle esecuzioni casalinghe, non solo di lirica vocale o quartetto d'archi, ma anche sinfonie nelle riduzioni per canto e pianoforte a 4 mani. Il disco era ancora profondamente disprezzato per la sua sonorità imperfetta e deformata, e quindi con il pianoforte si eseguivano tutte le musiche. In quegli anni, subito dopo la prima guerra mondiale, Gastone Zuccoli e Alberto Tadlewski (un pianista polacco che soggiornò a lungo nella città) diedero una serie di concerti eseguendo al pianoforte tutte e 9 le sinfonie di Beethoven. Elevatissima era la frequentazione degli spettacoli lirici e grande era la folla anche ai concerti.
Esistevano istituzioni importanti in campo musicale e culturale: lo Schillerverein, fino al 1918, ma anche la Società Filarmonico-Drammatica (1829-1925) fondata da Francesco Hermet, il Circolo Artistico fondato nel 1884, l'Università Popolare fondata nel 1899, e anche la Società Minerva, la Società della Ginnastica e, più tardi, la Società dei Concerti fondata nel 1932.
Il Circolo Culturale "Schillerverein" (1860-1918) ebbe all'epoca grande influsso sulla vita culturale cittadina, anche grazie alla presenza di Julius Heller. Era il ritrovo della comunità di lingua tedesca, ma era aperto a tutti, e grazie al prestigio di questo sodalizio, si sviluppò a Trieste l'interesse e il culto per la musica da camera. Lo "Schillerverein" si ispirava alla associazione viennese degli Amici della Musica: aveva un suo quartetto stabile, un coro, una biblioteca musicale aperta a tutta la cittadinanza, ospitava concerti di insigni solisti, e presentava tutte le composizioni cameristiche dei classici, compresi gli ultimi quartetti beethoveniani, e dei più significativi autori allora moderni.
L'Università Popolare fondata nel 1899 su iniziativa del Consiglio comunale fu all'epoca una delle istituzioni triestine maggiormente impegnate nella divulgazione della cultura musicale con concerti conferenze e lezioni. Tra il 1913 e il 1914 tennero lezioni a Trieste presso questo sodalizio alcuni illustri esponenti della ancor giovanissima musicologia italiana, tra cui Fausto Torrefranca, Emilio Bernardi e Guido Gasperini e nel dopoguerra questo sodalizio introdusse il pubblico al Novecento musicale presentando giovani autori contemporanei, ma anche musica rinascimentale e barocca.
Il Circolo Artistico fondato nel 1884 era un'istituzione estremamente importante. Nato originariamente come ritrovo di pittori e scultori vi si affiancarono poeti e musicisti, letterati e anche uomini politici come Attilio Hortis e Felice Venezian e nel primo dopoguerra la musica prese il posto centrale nel programma di attività del Circolo che organizzò annualmente una serie di concerti sostenuti da personalità di rilievo. Il Circolo Artistico, come anche la Società Filarmonico-drammatica organizzavano concerti che vertevano principalmente sul prestigio dell'esecutore. Tra gli ospiti vi furono negli anni Venti Bela Bartok, Ottorino Respighi con la moglie Elsa, ed Andrè Segovia. Nella sua sala dei concerti nel 1928, il Circolo artistico installò un organo collaudato da Luigi Ferrari-Trecate, assieme ai maestri organisti della città, Gastone Zuccoli della Basilica e Eusebio Curellich di S. Antonio Nuovo, e fu proprio il Maestro Marco Enrico Bossi, il grande compositore e organista con cui la Rapetti Bassi aveva studiato composizione a Bologna, ad inaugurare nel 1923 il nuovo organo nella cattedrale di S. Giusto
Augusta Rapetti Bassi a quell'epoca era stata ospite di tanti concerti sia al Circolo Artistico, alla Società Filarmonico-drammatica, che all'Università popolare, quale concertista di chiara fama:
"L'elegante Sala massima del Circolo Artistico, accoglieva ieri sera una vera folla di soci e di invitati; gli uni e gli altri attratti anzitutto dall'interessante programma e dal nome chiaro della concertista signora Rapetti Bassi, la apprezzata maestra di canto accademico, avevano intuito a priori di poter contare sicuramente su delle esecuzioni vocali improntate ad una apprezzabilissima nobiltà d'arte" (...), si legge in una recensione dall' 'Era Nuova' del 23 maggio 1922.
All'inizio del '900 si cercò anche di fondare a Trieste un liceo musicale che ancora non esisteva. Nel 1903 venne fondata da Roberto Catolla la prima scuola pubblica e riconosciuta, il Liceo Musicale di Trieste. Seguì nello stesso anno il Liceo musicale Tartini fondato da Filippo Manara e nel 1904 il Liceo musicale "G. Verdi" fondato da Gialdino Gialdini.
Nel 1932 queste scuole si fusero in un'unica istituzione, l' "Ateneo Musicale Triestino".
Il primo Novecento era stato anche molto importante a Trieste perchè tra il 1905 e il 1907 si era formato un gruppo di impresari e mecenati locali che contribuirono alla fioritura della vita musicale. Tra questi Enrico Schott e Salvatore Segrè, Oscar Cosulich ed Olimpio Lovrich finanziarono un "Comitato per le grandi manifestazioni musicali" affinchè gli orchestrali non rimanessero senza lavoro, allestendo 'stagioni' di concerti sinfonici con grandissimi direttori d'orchestra, quali Vittorio Maria Vanzo, Giuseppe Martucci, Felix Weingartner, Gustav Mahler, Richard Strauss, Franz Schalk, Siegfried Wagner, Arthur Nikisch ed altri.
Dopo la prima guerra mondiale Trieste iniziò la propria ricostruzione culturale e per la vita musicale della città iniziò un nuovo periodo artistico che sarebbe durato fino al 1939. L'unione di Trieste all'Italia ebbe ripercussioni anche sul piano musicale ed operistico: iniziò ad imporsi il gusto veristico, Puccini e Mascagni vennero inseriti sempre più spesso in cartellone accanto a molte opere nuove, tra cui il teatro del Wolf-Ferrari, di Zandonai e di Italo Montemezzi. Dopo la prima guerra mondiale il teatro Verdi venne riaperto con la "Francesca da Rimini" di Riccardo Zandonai diretta dall'autore a cui fecero seguito "La via della finestra" e "Romeo e Giulietta". Richard Strauss vi diresse due concerti sinfonici, e nel 1923 diresse, tra l'altro, l'Ouverture di "Oceana" di Antonio Smareglia, compositore che Strauss stimava molto.
Nella mostra è stato dedicato naturalmente spazio all'opera di Smareglia, al suo librettista Silvio Benco e a molti altri compositori e musicologi triestini dell'epoca. Già James Joyce aveva proclamato Antonio Smareglia 'l'artista più eminente di queste terre', anche se - come scrisse Aurelia Gruber Benco - 'su questo gigante che farebbe l'orgoglio di qualsiasi città che gli avesse dato i natali, si accanisce da anni il silenzio'. Questo scriveva la Gruber Benco nel 1970, ma a 30 anni di distanza le cose non sono cambiate. "Trieste" - scriveva Aurelia Gruber Benco - "è una città pronta ad innalzare alle stelle uomini destinati alla ridimensione storica, ma sempre ferocemente accanita contro gli spiriti indipendenti". E di questo atteggiamento della città Smareglia fu la vittima più illustre.
Come avvenuto per Smareglia, anche su Augusta Rapetti Bassi, questa grande musicista che ha vissuto da protagonista un'epoca della vita cittadina così interessante dal punto di vista musicale, è calata negli anni una cortina di silenzio e di oblio.
Ella era una donna schiva di onori e riconoscimenti, e non era spinta dall'ambizione, non era una maestra del 'mestiere', ma una vera Maestra d'Arte, senza vanità o ambizione per sè stessa.
Augusta Rapetti Bassi, ricordata coincidenzialmente attraverso questa manifestazione, riappare nella nostra memoria e nel ricordo di chi l'ha conosciuta, e questo ricordo è così vivo e presente, che sembra voler testimoniare alle nostre anime che la vita non finisce con la caducità dei corpi.
La mostra ha riproposto il valore spirituale di una creatura eletta, predestinata, attraverso la musica, al dialogo permanente con l'Intento universale, e come un richiamo, sorto in qualche luogo nascosto al miracolo dell'evento, si è concretizzato in mezzo a noi un ricordo negato per tanto, troppo tempo, che ora fa rinascere quell'atmosfera di affezione per le cose passate, che entrate nell'oblio della tomba e dei cassetti istituzionali, attendono alle volte per decenni, di venire riconsiderate quale linfa vitale trasmessa dal passato.
Tutto ciò avviene per una sorta di miracolo che fa scaturire nel cuore di certuni l'amorevole compassione e la volontà di illuminare il buio del presente con le fiaccole o i lumi di coloro che hanno lasciato la scena di questo mondo, ed è pur vero che, nonostante la crudezza e l'aridità del quotidiano, il ruolo dello spirito si appalesa proprio in queste coincidenze di rimembranza e di resurrezione culturale.
Anche questa coincidenza, che ricorda i valori umani e artistici di una di noi, una fuggitiva presenza umana, nata in un antecedente riquadro di tempo rispetto alla nostra presente esistenzialità, si risolve come dono ad arricchimento della nostra interna meditazione.
Tutto ciò si rivela un aiuto, un atto di misericordia, rivestito di dati anagrafici, di lavori artistici, di cronache di vita vissuta, altamente rappresentativi dei momenti primaverili dell'anima, e in tutto ciò si manifesta, nei brevi momenti concessi dalla quotidianità claustrante, quell'amore che pervade l'universo anche e soprattutto senza il nostro concorso, e che ci elargisce fugaci momenti meditativi sulla valenza della grande arte della musica come preghiera e dialogo inesauribile con l'Infinito.