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Manlio Tummolo

 

 

IL METODO DI TILL EULENSPIEGEL

E IL METODO RAZIONALE

(confutatorio e dimostrativo)

(Bertiolo, UD - 20 giugno 2017)

 

 

 

I

 

Per chi non lo sapesse, Till Eulenspiegel (Till, Specchio della civetta) è un personaggio tradizionale della letteratura germanica (tedesca e olandese, soprattutto), di ispirazione universitaria medioevale (un clericus vagans). Till può essere considerato l’inventore (nulla di nuovo sotto il sole) dell’impostazione associazionista-condizionatrice e comportamentista di certa psicologia di marca anglosassone e sovietica, che trova i suoi fondamenti nell’idea che l’uomo, come gli animali, si comporti per azioni e reazioni pressoché automatiche, scatenate dall’ambiente. Till, infatti, dimostra “scientificamente” come si possa insegnare a leggere ad un normale asino: egli scrive su un quadernone delle “i” e delle “o”, mettendo tra quelle pagine un po’ di fieno. L’asino gira le pagine col muso, non si ferma su quelle vuote e, quando trova il fieno, “legge” “i-o, i-o”, così tutti gli ascoltatori ammirano il metodo d’insegnante, sperimentato da Till . Così, il tanto “arretrato” Medioevo sembra irridere preventivamente alla psicologia comportamentista del secolo XX .

Altrettanto satirica è la descrizione del metodo assertivo e dogmatico in materia astronomica, utilizzato da Till: egli infatti dichiara: “Il numero delle stelle nell’intero Universo è di 1.564.627.402 [il numero è puramente esemplificativo]: dimostrate voi che sia diverso da quanto da me asserito”. Ovviamente, nessuno era in grado di dare un numero diverso, di tanto o poco che fosse .

Così il metodo assertivo dogmatico pretende di dare certezze attraverso numeri. Per cercare di capire il ruolo dell’ISTAT, nella sua ispirazione ideologica neo-pitagorica, non ho avuto occasione migliore, se non di vedere il suo slogan: “NUMERUS REI PUBLICAE FUNDAMENTUM”. Una delle peggiori bestialità che si possano affermare: “Il numero è fondamento della Repubblica”. Non il Popolo, non la Legge, non la Giustizia, non il Lavoro, o quale altro principio etico-politico: IL NUMERO ! Senza rendersi conto che il numero è solo un segno, un simbolo di una quantità, maggiore o minore, ma sempre determinata; un segno estremamente manipolabile che indica semplicemente una situazione quantitativa generica ed astratta, raccolta in un certo momento su un certo campione: transeunte quindi, e non certo proiettabile verso il futuro, se non con una catena di “se, ma, però, forse, ecc.”.

 

II

 

Nella mentalità dello statistico, pover’uomo che si ubriaca di cifre come l’etilista di alcool puro, la realtà è fatta di cifre, su cui fa con molto arbitrio tutta una serie di operazioni, ovviamente astratte quanto lo sono i segni su cui opera, e queste operazioni vengono fatte sempre per soddisfare gli interessi dei suoi committenti. Riguardo al passato, possiamo verificare le assurdità delle previsioni statistiche fatte qualche decennio fa: negli anni ’70, si prevedeva, per distogliere i popoli dalla fecondità demografica, che a fine secolo XX, vi sarebbe stata una popolazione mondiale di 28 miliardi. Sono trascorsi 17 anni dalla fine del secolo, ma, dando per buoni i calcoli odierni (i quali, detto di passaggio, sommano dovunque gli autoctoni e i presenti sul territorio, sicché siamo almeno al doppio), oggi saremmo sui 7 miliardi, ovvero appena ad ¼ del previsto e pre-calcolato di allora [1] .

Il neo-pitagorico non solo pretende di misurare con “esattezza” indiscutibile le cose (i suoi sono numeri, ovvero “fatti”, mica illazioni, mica chiacchiere, come quelle del comune cittadino, che diamine !!!), ma pure di conoscere con i numeri le cose in sé, la realtà più vera e profonda, lo stesso evolversi del mondo attraverso il ruotare di numeri, operazioni, percentuali, algoritmi e logaritmi. Per capire quanto poco possano controllare i loro numeri, basti pensare ai dati di affluenza ad una manifestazione qualunque: gli organizzatori moltiplicano i presenti (mettendo insieme pure i passanti casuali e i curiosi) per 5 o per 10; la Polizia fa l’opposto, divide per 5 o per 10, valutando solo le due file esterne (siccome una manifestazione non è una parata militare, in cui basta moltiplicare la fila anteriore per il numero delle file, e si ottiene il risultato esatto, è assai facile ingannarsi). Quanto poi al magico prevedere il futuro, questo è impossibile anche partendo dai dati più esatti: infatti una certa percentuale di crescita, di diminuzione o di stabilità, non è una legge fissata nell’Eterno e per l’Eterno: è solo una situazione momentanea. Mussolini prevedeva per gli anni ‘60 o ’70 una popolazione italiana di 60 milioni, che è stata raggiunta (se vera…) appena negli ultimi anni adesso con l’invasione di 5 o 10 milioni di afro-asiatici e sudamericani. La popolazione italiana autoctona è presumibilmente nell’ipotesi migliore ancora oggi sui 55 milioni .

Con la complicità di medici, con o senza frontiere, al fine di derubare le pensioni, illudendo i gonzi si promette un’aspettativa di vita immortale, addirittura !, sostenendo che ormai morire è un obiettivo quasi impossibile grazie alle cure, allo sport, al buon nutrimento “mediterraneo”, ecc. Già il termine “aspettativa” (un tempo non lontano si diceva semplicemente “vita media”) è una truffa, perché tutti ci aspettiamo di vivere sani, forti, belli, robusti, incrollabili, oltre ogni limite ragionevole di tempo, ma tra l’aspettarsi e il raggiungere ce ne corre. I calcoli, ai limiti dell’imbroglio, si basano sulla sopravvivenza di quella generazione iperselezionata che ha vissuto due guerre mondiali e altre minori, che ha sofferto fame, miseria, epidemie, invasioni militari, e sono sopravvissuti a tutto ciò, perché i più forti (pensate che nel giro di trent’anni circa morirono per sole cause di guerra oltre un milione di persone, tra il 1915 e il 1945, per non dire dei morti di spagnola, di tifo, di colera, di asiatica, ultima grande influenza). Chi fa mai i calcoli reali per ogni classe o annata: ad esempio, per dire solo della mia: quanti dei nati nel 1948 in Italia oggi vivono ? Non mi meraviglio dei disgustosi partitocrati ed affaristi che mirano ad arraffare denaro (il denaro di chi muore il primo giorno di pensione o ultimo di lavoro, che non abbia eredi immediati, che fine fa ? chi se lo ingozza ?): mi meraviglio di medici, con o senza frontiere, che per vantarsi delle loro mirabolanti terapie dei nostri tempi vogliono far credere all’immortalità fisica, all’eterno benessere fisico, all’eterna giovinezza, anche dopo compiuti 1.500 anni di vita e forse più. Siamo nell’Era delle Mistificazioni Numeriche, o meglio delle Frottole pure e semplici .

 

 

III

 

Ben altro è il modo di procedere razionale, che è la base di quello autenticamente scientifico: dubita dei dati e dubita della natura di ciò che osserva, rifiuta gli slogans, calcola ma in via ipotetica e conosce i limiti formali e metodici del numero, non ha certezze assolute ed è conscio che tutto debba essere controllato periodicamente se non continuamente. Le sue certezze non si acquisiscono in giornata, ma attraverso lunghi e pazienti esami, relativi ai punti d’osservazione e corredati di metodi rigorosi, ognuno confacente alla materia di studio (non esistono metodi – panacea, buoni per tutto…). Non esaurisce mai le domande, e dà risposte provvisorie e molteplici ai propri dubbi. Sa che la scienza di oggi sarà, e dovrà essere, superata domani. Al pretenzioso motto dell’ISTAT, il razionalista oppone quello di Bacone:

“VERITAS FILIA TEMPORIS”. La Verità dell’Uomo è una conquista lenta e faticosa, che dura secoli e millenni, come Vico, dopo Bacone, ci insegnò [2].

E, quanto alla confutazione, il razionalista autentico sa che confutare non significa tanto dimostrare o pretendere di dimostrare la falsità di una tesi che non si condivida, ma più semplicemente spiegare il perché e il come non si condivida quella certa tesi, mentre il dimostrare positivo non è “dimostrare” una verità assoluta o relativa, quanto esporre le motivazioni per cui si condivide una certa tesi piuttosto che un’altra. Nel caso specifico di una discussione orale o scritta, per poter confutare occorre ascoltare attentamente l’altro, tener conto delle sue motivazioni, capirne i punti deboli, esporli, motivarne la fragilità, ma a nulla serve elencare bibliografie (non è in esame il pensiero di non partecipanti al dibattito, ma quello di chi sta discutendo), e, men che meno, insulti. Le bibliografie servono nei saggi o nelle opere, non in una normale discussione .

La pretesa dell’uomo di dimostrare verità o falsità di qualcosa nella sua realtà, così singolarmente, come in gruppo, come pure in un determinato periodo storico, vuoi con ragionamenti deduttivi, induttivi, sperimentali e con calcoli matematici, vuoi con prediche di papi e imam, e rivelazioni sedicenti divine, è sempre erronea ed ingenua, oppure indice di frode intenzionale.

La verità ontologica dei fatti è un lungo, faticoso, collettivo percorso dell’intera umanità nel corso della sua intera storia.

 

NOTE :

 

[1] “Alla fine del secolo la pressione demografica reale nell’ambiente naturale sarà circa otto volte l’attuale: equivarrà cioè a una massa di ventotto miliardi di uomini…”. Questa atroce fesseria fu calcolata da un tale John Mc Hale, e candidamente riportata come cosa seria da A. Peccei, in “L’ORA DELLA VERITA’ SI AVVICINA. QUALE FUTURO ?”, in Edizioni Scientifiche (!!!!!!) e Tecniche Mondadori (Milano, 1974), a sua vota citato da Antonio Desideri “Storia e Storiografia”, ed. D’Anna, Firenze 1989, vol.III , pag. 1203, II colonna (testo scolastico per i Licei !) .

[2] Sull’opposto fronte epistemologico, i sostanziali scettici, come Karl Popper, secondo il quale il processo scientifico è un semplice rincorrersi di congetture e confutazioni, per cui che cosa resterebbe di conoscenza della realtà ? Nulla, se non illusioni di conoscere. Un po’diversamente, ma non troppo, la pensa Joseph Agassi, per il quale è conoscenza ciò che regge la confutazione (finché la regge…).

Si confonde l’acquisizione (minima) della verità per ogni individuo, con l’acquisizione storica umana (Popper, non dimentichiamo, odia lo storicismo): così si produce l’immobilismo conoscitivo, pur in un lavoro da Sisifo. Si crede di sapere, si confuta ciò che si sa, quindi si riprende ad illudersi di conoscere, fino a nuova confutazione, e così all’infinito… Per lo storicista, l’avanzata è lentissima, contrastata, ma c’è: solo l’esperienza secolare o plurisecolare conferma o nega determinate ipotesi. Positivismo e neopositivismo logico, sulla base della tradizione gnoseologica tradizionale, dànno per certe o accertabili tutte le conoscenze, se queste sono “scientifiche”, il che sarebbe tautologia. Se il certo o l’accertabile, è “scientifico”, quando una nozione è certa o accertabile e, dunque “scientifica” ? Di qui la lotta con il razionalismo critico (meglio, scettico) di Popper.

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